Lo straining è una forma di stress lavorativo indotto, meno evidente del mobbing ma comunque dannosa.
Si verifica quando un dipendente subisce azioni isolate (comportamenti ostili, emarginanti e demansionanti) , ma ripetute nel tempo, che lo mettono in difficoltà o lo escludono dal normale ambiente lavorativo.
A differenza del mobbing, non serve l’intenzione persecutoria continua: basta una condotta ostile o svalutante, anche passiva, purchè abbia effetti duraturi e lesivi sulla salute psicofisica del lavoratore.
Esempi comuni includono:
- Esclusione dalle riunioni o da comunicazioni importanti
- Riduzione immotivata di mansioni / affidamento di incarichi degradanti
- Dequalificazione
- Isolamento sociale o comunicativo
- Demansionamento non giustificato
- Esclusione reiterata da processi decisionali
- Svalutazione professionale
- Isolamento relazionale sul luogo di lavoro
- Trasferimenti immotivati o penalizzanti
Lo straining provoca gravi effetti lesivi sul lavoratore: stress, ansia, insonnia e problemi di salute psico-fisica.
La giurisprudenza italiana, a partire dalla sentenza Cass. civ. n. 3291/2016, ha riconosciuto lo straining come causa autonoma di danno, risarcibile anche in assenza dei requisiti tipici del mobbing.
È quindi fondamentale che il lavoratore documenti con precisione i comportamenti subiti, si rivolga a un medico competente per la valutazione dello stress lavoro-correlato e, se necessario, intraprenda un’azione al fine di ottenere il giusto risarcimento.
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