Straining: Tutela alla Salute e Responsabilità Datoriale
Negli ultimi anni la giurisprudenza ha ampliato la tutela della salute del lavoratore riconoscendo la figura dello straining, ossia situazioni di stress lavorativo anche non sistematiche, ma comunque idonee a compromettere l’equilibrio psicofisico del dipendente. Si tratta di condotte che, pur non integrando il mobbing, risultano incompatibili con i principi di tutela della persona nel rapporto di lavoro.
Lo straining trova il proprio fondamento nei principi di tutela della salute e della dignità del lavoratore sanciti dall’art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro un obbligo di protezione ampio e sostanziale. Tale tutela è rafforzata dall’art. 2103 c.c. volto a garantire il rispetto della professionalità e della dignità del dipendente, vietando condotte quali il demansionamento o l’inattività forzata. Sul piano prevenzionistico, il D.Lgs. 81/2008 rafforza tale tutela imponendo la valutazione anche dei rischi psicosociali, compreso lo stress lavoro-correlato. In questo contesto, la giurisprudenza - in particolare la Cassazione n. 3291/2016 - ha chiarito che anche una singola condotta stressogena, se produttiva di effetti pregiudizievoli duraturi, può determinare la responsabilità del datore di lavoro.
Gli elementi caratterizzanti dello straining sono:
• l’esistenza di una condotta lavorativa stressogena (come demansionamento, isolamento, inattività forzata);
• la protrazione nel tempo degli effetti dannosi;
• l’assenza di un intento persecutorio;
• la prova del danno alla salute e del nesso causale.
Accertato lo straining, il datore di lavoro può essere condannato al risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale, anche in assenza di una condotta vessatoria sistematica.
Se ritieni di subire una situazione lavorativa lesiva della tua salute o della tua dignità professionale, è fondamentale valutare tempestivamente il tuo caso: una consulenza legale può aiutarti a tutelare i tuoi diritti e ottenere il giusto risarcimento.