03/11/2010

Reato estinto se somma versata è congrua ..

Corte Cassazione Penale

Sezione IV - Sentenza n. 10673/2010

Circolazione stradale - Artt. 186; 193 e 204-bis del Codice della Strada - Incidente stradale - Estinzione del reato in conseguenza a condotta riparatoria - Il Giudice di Pace può dichiarare l'estinzione del reato (lesioni personali colpose lievi) qualora ritenga congrua e proporzionata al danno subito la somma versata dalla compagnia assicuratrice del responsabile. Anche se la parte lesa rifiuti di accettare detta somma.

OSSERVA

Il Giudice di Pace di (OMISSIS), con la sentenza oggi impugnata, ha dichiarato NLP per intervenuta estinzione del reato, in conseguenza di condotta riparatoria D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 35, nei confronti di C. E. in relazione al reato di lesioni personali colpose (lievi), ex art. 590 c.p., in danno di D. M. A., commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Ricorre per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (OMISSIS) e deduce quanto segue: 1) avrebbe errato il giudicante nel ritenere riconducibile direttamente e personalmente all'imputato il risarcimento effettuato dalla compagnia assicuratrice per un importo di Euro 2.400,00 (di cui, Euro 1.800,00 per le lesioni personali riportate dal D. M. ed Euro 600,00 per i danni al ciclomotore alla cui guida quest'ultimo si trovava al momento dell'incidente; 2) non avrebbe il giudicante adeguatamente valutato le ragioni del rifiuto opposto dalla parte lesa all'accettazione della somma offerta; 3) avrebbe errato il Giudice nell'omettere di trasmettere all'Autorità amministrativa, per quanto di competenza, gli atti in relazione alla violazione amministrativa contestata al capo b) della rubrica (art. 145 C.d.S., comma 2, e art. 10 C.d.S.).

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Quanto alla riferibilità all'imputato dell'attività risarcitoria posta in essere dalla compagnia di assicurazioni, questa Corte si è già espressa enunciando il seguente principio di diritto che il Collegio ritiene del tutto condivisibile: ""ai fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 il risarcimento, ancorchè eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia conoscenza e mostri la volontà di farlo proprio. (Fattispecie relativa ad omicidio colposo da incidente stradale)"" (in termini, Sez. 4, n. 13870 del 06/02/2009 Ud. - dep. 30/03/2009 - Rv. 243202); trattasi di principio che, enunciato ai fini della sussistenza dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, deve trovare applicazione, stante l'identità della ratio, anche con riferimento al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35.

Giova inoltre evidenziare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 138/1998, ha accolto la tesi del carattere oggettivo della circostanza in questione, per trarne argomento a favore della riferibilità all'assicurato contro la responsabilità civile verso terzi, derivante dalla circolazione dei veicoli, del risarcimento effettuato dall'ente assicuratore.

La Corte Costituzionale ha osservato, invero, che l'interpretazione dell'attenuante in chiave esclusivamente soggettiva, che ravvisasse in essa una finalità rieducativa, finirebbe con il porsi in contrasto con l'art. 3 Cost., giacchè da tale assunto seguirebbe una ingiustificata svalutazione dell'istituto dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile ex L. n. 1990 del 1969, istituto che svolge nel nostro ordinamento una insostituibile funzione riequilibratrice, in attuazione di quanto previsto appunto dall'art. 3 Cost..

Mette poi conto sottolineare che le Sezioni Unite di questa Corte (Sent. n. 5941/2009), pur sottolineando la individuabilità di un profilo ""volontaristico"" nell'attenuante ex art. 62 c.p., n. 6 - nel senso che l'intervento risarcitorio deve essere riferibile all'imputato - ha concordato con la Corte Costituzionale circa la ravvisabilità della volontà di riparazione (con particolare riferimento ai reati colposi) anche nell'avere stipulato un contratto di assicurazione o nell'avere rispettato gli obblighi assicurativi per salvaguardare la copertura dei danni derivanti dall'attività pericolosa oggetto del contratto stipulato: con la conseguenza che il risarcimento (anche quello eseguito dalla società assicurativa) legittimamente è ritenuto come effettuato personalmente dall'imputato tutte le volte in cui questi ne abbia coscienza e mostri la volontà di farlo proprio.

Per quel che riguarda poi il rifiuto opposto dalla parte lesa ad accettare la somma offerta dalla compagnia, quale integrale risarcimento del danno, osserva il Collegio che trattasi di circostanza alla quale non può riconoscersi efficacia preclusiva all'applicabilità del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35.

In primo luogo va sottolineato che il Giudice di Pace ha evidentemente ritenuto la somma versata dalla Compagnia di assicurazione (presso cui era assicurato l'imputato per la R.C.A.) congrua e proporzionata alla gravità del danno (e, quindi, adeguata ad estinguere il reato), sulla base dell'imputazione (lesioni personali colpose lievi) formulata sulla scorta di quanto la stessa parte lesa aveva esposto e sostenuto.

Inoltre, mette conto osservare che la procedura (di definizione alternativa) D.Lgs. n. 274 del 2000, ex art. 35, è procedura che si instaura e si esaurisce allo stato degli atti: ciò significa che il giudicante ha l'obbligo di sentire le parti, ma non quello di acquisire il consenso della parte offesa, a differenza di quanto previsto, ad es. all'art. 34, comma 3, e decide sulla base della contestazione, quale cristallizzata nel capo di imputazione (cfr. in tal senso, Sez. 5, n. 11623 del 2008).

Quanto infine alla trasmissione degli atti all'autorità amministrativa per l'infrazione al codice della strada contestata con il capo di imputazione, rileva il Collegio che a norma del combinato disposto dell'art. 220 C.d.S., comma 4, e art. 221 C.d.S., comma 2, nel caso di declaratoria di estinzione del reato il giudice penale rimette gli atti all'ufficio o comando che ha comunicato la notizia di reato per quanto di competenza.

Nella concreta fattispecie la sentenza non si è pronunziata sulla ricordata violazione amministrativa per la quale esisteva connessione obiettiva con il reato di lesioni colpose contestato al capo A. Una volta venuta meno tale connessione, il giudice, secondo quanto previsto dall'art. 221 C.d.S., comma 2, avrebbe dovuto disporre la trasmissione degli atti all'autorità amministrativa.

Ciò posto, occorre ora verificare se tale mancata trasmissione possa formare oggetto di impugnazione ed in particolare di ricorso in cassazione.

La risposta è negativa.

Come è noto, ogni mezzo di impugnazione è finalizzato ad ottenere una pronunzia che modifichi o metta nel nulla, in tutto o in parte, una decisione che l'impugnante ritiene pregiudizievole per i propri interessi. Orbene, quando la parte è in condizione di far venir meno gli effetti della pronuncia senza dover richiedere l'intervento del giudice nel grado superiore, viene meno l'interesse concreto ad impugnare, pur se la decisione dovesse ritenersi, in ipotesi, erronea (cfr. Sez. Un., G. ed altro, Rv. 229982): il che si verifica anche nel caso di omessa pronunzia, ove la parte interessata possa ovviare personalmente alla mancata pronuncia.

Nel caso in esame l'omissione è consistita nella mancata adozione non di un provvedimento formale che solo il giudice dell'impugnazione potrebbe adottare, bensì di un'attività meramente materiale (la trasmissione di atti) che la parte ben può svolgere personalmente oppure con richiesta rivolta all'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento; in buona sostanza, con il ricorso si richiede a questa Corte di disporre la trasmissione omessa: il che appare del tutto incongruo.

Ai rilievi che precedono, pur di carattere decisivo ed assorbente, possono aggiungersi ulteriori considerazioni, riferibili al concreto caso in esame, che rendono peraltro ancor più evidente l'incongruità di quanto richiesto a questa Corte con il ricorso. Ed invero: a) nella sentenza non vi è alcuna indicazione circa l'ufficio o comando che avrebbe comunicato la notizia di reato, ed al verbale di udienza è allegato uno schizzo planimetrico redatto dai Carabinieri di (OMISSIS) senza alcun riferimento ad infrazioni eventualmente contestate al C. nell'immediatezza; b) nulla risulta in proposito dall'allegato fascicolo del P.M., nè si evince se in effetti vi è stata una comunicazione di notizia di reato: trattandosi di reato perseguibile a querela (lesioni personali colpose commesse per inosservanza di norme sulla circolazione stradale) il P.M. ha emesso il decreto di citazione in conseguenza dell'istanza di punizione dell'interessato (ritualmente inserita nel fascicolo del P.M.); c) ai fini della procedibilità, in sede amministrativa, per infrazioni al codice della strada, è prescritto l'obbligo della contestazione immediata al trasgressore (art. 20 C.d.S.), eccezion fatta per i casi in cui vi siano motivi tali da rendere impossibile detta immediata contestazione (art. 201 C.d.S.), motivi dai indicare poi specificamente nel verbale a pena di nullità del verbale stesso, secondo il consolidato indirizzo interpretativo affermatosi nella giurisprudenza civile di questa Corte: al riguardo, cfr. ""ex plurimis"": Sez. 2 Civ., n. 17687 del 14/08/2007, Rv. 600027; Sez. 1 Civ., n. 11184 del 22/08/2001, Rv. 549029: nel caso in esame, il C. era certamente presente sul posto in quanto coinvolto nell'incidente, e nulla risulta circa la ritualità dell'eventuale contestazione, a suo carico, dell'infrazione poi inserita nel capo di imputazione.

P.Q.M.

(La Corte) Rigetta il ricorso.