26/03/2019

Danno tanatologico Vs Danno biologico terminale: profili risarcitori

Con la sentenza n. 4146/2019 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del danno “tanatologico” e dei presupposti per la configurabilità del relativo risarcimento in favore dei congiunti della vittima.

Questione annosa sia in dottrina che in giurisprudenza, secondo un indirizzo maggioritario il danno da morte immediata (o tanatologico), non è mai risarcibile agli eredi in quanto il danno da privazione della vita è fruibile solo dal titolare (ovvero il defunto) ed è insuscettibile di essere reintegrato per equivalente.

Discorso differente attiene invece la risarcibilità del cosiddetto danno biologico “terminale” e morale i quali tuttavia vengono a sostanziarsi in presenza di un apprezzabile lasso temporale tra l’incidente e la morte, ciò sempre che la vittima abbia mantenuto la coscienza e la percezione degli eventi.

Per tanto se per danno “tanatologico” si intende quella tipologia di danno rappresentata specificamente dalla perdita del “bene vita”, del tutto diverso è il ragionamento circa la lesione del “bene salute del congiunto defunto”.

Esiste in vero una impostazione minoritaria, secondo la quale la morte rappresenterebbe la lesione più grave del bene della salute e che per tanto ciò legittimerebbe la configurabilità di un danno biologico da morte risarcibile iure hereditatis.

Tuttavia tale impostazione andrebbe contro a principi fondamentali secondo i quali il defunto non può acquistare un diritto risarcitorio perché finché è in vita non c’è perdita e quando è morto non è titolare di alcun diritto e non può acquistarne!

Nel caso analizzato di recente dalla Suprema Corte di Cassazione, i prossimi congiunti di un soggetto deceduto a seguito di un sinistro stradale ove alla guida in un motociclo si era scontrato con un'auto guidata da una donna, convenivano avanti al Tribunale di Roma la conducente dell'auto e la compagnia di assicurazione.

A seguito del rigetto della richiesta sia in primo che in secondo grado, la Corte confermava l'indirizzo precedente dei giudici di merito in quanto dall'istruttoria emergeva che il defunto danneggiato era morto dopo mezz'ora dall'evento, tempo che già la Corte territoriale aveva ritenuto un lasso temporale insufficiente.

Per le ragioni sopra descritte, è per tanto possibile affermare che poiché sussista un danno biologico terminale risarcibile agli eredi, non solo tra l'evento e la morte del danneggiato deve trascorrere un lasso di tempo apprezzabile (il quale verrà valutato in maniera equitativa dal giudice, non esiste in sostanza un parametro per stilare una regola temporale), in oltre il danneggiato in tale circostanza deve aver mantenuto coscienza di ciò che gli stava accadendo.